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Campioni della logistica

Dopo lo strappo da Conftrasporto, Fiap guarda a una nuova figura di imprenditore del trasporto e della logistica in grado di competere in Europa.

| Pubblicato in Organi di Informazione
Campioni della logistica

Intervista al Segretario generale, Alessandro Peron a cura di Francesco Oriolo per la Rivista Logistica e Trasporti

La Fiap (Federazione italiana autotrasportatori professionali), una delle più antiche associazioni dell’autotrasporto, ha in pochi anni subito una trasformazione che sta in qualche modo sparigliando le carte sui tavoli dove da tempo si era abituati a vedere le stesse carte e gli stessi giocatori. Il cambiamento in atto è guidato da Alessandro Peron, scelto da Silvio Faggi, allora Segretario generale della Fiap prematuramente scomparso poco più di un anno fa, per il ruolo di direttore dell’associazione, nonostante il suo passato imprenditoriale e manageriale poco avesse a che fare con i camion. Ma in quel giovane, l’intuito dell’amico degli autotrasportatori, come titola il libro dedicato a Faggi e pubblicato da Fiap, aveva riconosciuto lo spirito dell’innovatore e l’uomo giusto a cui passare il testimone. Così oggi il Segretario generale Peron, che si dichiara “innamorato” del settore, sta portando avanti la sua battaglia per un trasporto diverso, supportato da un gruppo dirigente di giovani e pragmatici imprenditori, come il neopresidente Roberto Scarpa e i due vicepresidenti Gennaro Romano e Sonia Primiceri. Una “nouvelle vague” dell’autotrasporto, che ha trovato la sua ultima e più dirompente manifestazione nello strappo da Conftrasporto, consumato lo scorso ottobre e motivato in conferenza stampa con la scelta di FIAP di salvaguardare l’autonomiapiuttosto che far parte di un grande condominio in cui c’è qualcuno dall’alto che detta le regole di convivenza”. Da qui parte la nostra intervista ad Alessandro Peron.

Segretario Peron, uno strappo che è stato come lanciare un sasso nello stagno

“Premetto che in realtà lo strappo non è una cosa nuova, ma ha radici che risalgono addirittura alla fondazione della Fiap. Nel 1949, infatti, tra i fondatori ci fu una profonda discussione per decidere se aderire o meno a Confindustria e la scelta fu quella di starne fuori, proprio perché già allora gli imprenditori del settore ritennero che questo comparto avesse la necessità di mantenere una sua autonomia che in seguito è venuta meno. Così oggi tutte le associazioni di categoria del trasporto, e non solo dell’autotrasporto, sono in qualche modo legate alle confederazioni e quindi, paradossalmente, alla controparte contrattuale. La manifattura italiana però, anche le eccellenze del made in Italy, cibo moda e lusso in testa, vengono prodotte da un tessuto imprenditoriale fatto da aziende piccole e medie, che non hanno una propria capacità logistica. Siccome la competizione è globale, ecco che la logistica diventa una formidabile arma competitiva che non si può più considerare una divisione dell’industria, ma un asset strategico per il sistema economico italiano”.

Fiap quale ruolo pensa di poter giocare in questa partita?

“Sicuramente non risolveremo dall’oggi al domani il problema del riconoscimento della forza strategica non solo dell’autotrasporto, che rappresentiamo, ma del trasporto in senso più generale. Sappiamo però di esserci ritagliati, negli ultimi anni, il ruolo di innovatori e stimolatori del mercato, denunciando la parcellizzazione delle nostre aziende, che non possiamo considerarci compitamente imprenditori e che ci serve una iniezione di managerialità. Nulla di travolgente, realtà di cui tutti sono consapevoli, ma nessuno dice o vuole sentirsi dire. Bene, Fiap lo fa perché è convinta che se si vuole cambiare davvero, bisogna prima dire come stanno le cose. E dirlo a voce alta. Questo vuole essere oggi la nostra associazione, innovatrice e protagonista, convinta che il mondo del trasporto e della logistica non può vivere e prosperare all’interno di una casa comune, con il mondo industriale che rappresenta altri interessi. Una casa comune serve, ma deve accogliere tutto il mondo del trasporto e della logistica. E questo non solo e non tanto per motivi di contrattazione contrattuale, ma perché l’attuale convivenza non ci ha permesso di crescere. Pertanto, se oggi le nostre imprese sono piccole, spesso in mano a operatori quasi monopolisti che fanno il bello e il brutto a loro piacere, non esprime una vera classe imprenditoriale né manageriale, non abbiamo campioni nazionali della logistica, tutto ciò conferma che la strategia seguita finora era sbagliata”.

Un ritorno alle origini, che però risalgono al secondo dopoguerra, un altro mondo, ma oggi questa posizione non rischia di isolarvi?

“Noi non ci sentiamo i primi della classe, se è questo che vuole intendere, però se i risultati della politica anche soltanto degli ultimi trent’anni sono quelli che vediamo oggi, qualche domanda occorre porsela. Lo scenario dei trasporti e della logistica in Italia è deprimente e non rinneghiamo il nostro passato né sconfessiamo quello che abbiamo fatto. Anche la Fiap ha le sue responsabilità se siamo arrivati a questo punto, ma è giunta l’ora di cambiare. Non si può più interpretare la rappresentanza come l’esclusiva ricerca di finanziamenti o lavorare soltanto per ottenere rimborsi autostradali o incentivi da distribuire a pioggia alle imprese. La Fiap ha dimostrato di essere un’associazione più indipendente e più innovativa di altre; quindi, chi meglio di noi può stimolare il comparto a pensare e a fare in modo diverso?”.

Ci parli, allora, della vostra proposta...

Mettere sul tavolo progetti concreti, aperti alla collaborazione di tutti coloro che vorranno impegnarsi e lavorare con noi, senza distinzioni di colore o di credo politico, per il bene del settore del trasporto e della logistica e non per il proprio tornaconto personale. Vogliamo uscire una volta per tutte dalla logica delle poltrone, dei vuoti cerimoniali e delle rendite di posizione che da oltre trent’anni ingessano questo comparto. Lo diciamo chiaramente: a Fiap non interessa essere seduta a tavoli inutili soltanto per occupare una poltrona. Come dico spesso, noi della Fiap siamo fortunati, perché siamo indipendenti. Il nostro sostentamento deriva dai proventi delle quote associative e dei servizi che forniamo agli imprenditori del trasporto e della logistica che ci chiedono di aiutarli a crescere. L’autotrasporto come lo abbiamo conosciuto è un’attività che nei fatti non esiste più, perché non dà i margini necessari a tenere in piedi l’impresa, per questo Fiap si propone di rappresentare gli interessi dei trasportatori e della logistica, senza distinzioni tra coloro che trasportano le merci con il camion, il treno, la nave, l’aereo o i droni. Una filiera che esprime il 10% del Pil italiano, a cui andremo a proporre dei focus lavorativi per trasformare questa grande massa di uomini, competenze, mezzi ed esperienze, in una sola forza strategica per il futuro del paese, creando dei campioni italiani della logistica”.

Peron, questa è una notizia: il focus di Fiap non sarà più sull’autotrasporto?

“La notizia è un’altra ed è che oggi la rappresentanza del mare, quella della gomma, quella del ferro, quella dell’aria, tutte separate in piccoli o grandi feudi, non è più attuale né utile. Per affrontare le sfide del settore dovremo dialogare tutti insieme. Quando il Ministero dovrà affrontare le riforme di sistema, non potrà più parlare con questa miriade di rappresentanze in quanto ormai il sistema è tutto interconnesso. Nello specifico dell’autotrasporto, in Italia su 80mile aziende iscritte all’Albo poco più di 2000 hanno oltre 25 addetti, di queste soltanto 100 superano i 300 addetti. E per queste 2000 imprese, servono 20 associazioni di categoria dell’autotrasporto? Inoltre, come dicevo prima, nessuna di queste aziende ormai è un autotrasportatore puro, sono operatori logistici che possiedono hub e piattaforme e fanno trasporto integrando treno, gomma, mare, aereo. Queste sono le aziende che fanno il mercato e bisogna aiutarle a crescere, in modo che possano competere sullo scenario internazionale. Con una missione in più: fare da aggregatori per le rimanenti 78mila imprese più piccole, ma che garantiscono la flessibilità necessaria al sistema”.

La frammentazione della rappresentanza dell’autotrasporto in Italia non è una novità.

“Certamente, ma la forza di una rappresentanza dell’autotrasporto si calcola sulla base della capacità di carico che ogni azienda è in grado di movimentare, non sul fatturato e certamente non sulle teste. Hanno una capacità di carico maggiore 10 aziende con 100 camion l’una o 100 padroncini mono veicolari? Se riteniamo il trasporto e la logistica strategici per l’economia, la dispersione della rappresentanza per cui ogni confederazione si fa la sua associazione di categoria, è un errore, non è adeguata ai tempi ed è un lusso che l’Italia non può più permettersi. Se invece, come spesso mi viene da pensare, l’industria considera il trasporto e la logistica alla stregua di costi da ridurre, allora andiamo pure avanti divisi, consapevoli però che il mondo fuori è cambiato”.

State quindi pensando a una diversa forma di rappresentanza?

“In Fiap la decisione di creare un nuovo modello di associazione di categoria era già stata presa, negli ultimi tempi abbiamo soltanto accelerato il processo. Noi ci prendiamo cura dei nostri imprenditori, accompagnandoli, analizzando insieme a loro i rischi e le opportunità del mercato, stimolandoli nella loro visione di crescita. Ma vogliamo che siano anche aperti al dialogo e al confronto con i colleghi, partecipando alla vita associativa, scambiandosi le esperienze e mettendosi in discussione quando serve. E poi raccontiamo ai nostri imprenditori come stanno effettivamente le cose, preparandoli al futuro, anche dicendo cose che le altre associazioni non dicono non perché non ne siano coscienti, ma perché preferiscono vivere in un eterno presente, tacendo, ad esempio, che tra il 2030 e il 2050 verrà a compimento il progetto di sostenibilità e di decarbonizzazione voluto dall’Unione Europea e di conseguenza le accise sul gasolio gradualmente scompariranno. Chi entra in Fiap trova spazi di confronto e know-how, ma soprattutto avrà sempre una struttura che lo seguirà nel suo percorso di crescita e non lo abbandonerà mai. FIAP non cresce perché aumenta il numero dei suoi associati, ma perché aumenta la dimensione e l’importanza delle sue aziende”.

Questo basterà a cambiare la rappresentanza?

“No, infatti a questo impegno stiamo già affiancando una parallela attività politica per fare squadra con tutti gli attori del comparto, condividendo obiettivi concreti e facendo rete con gli altri operatori. Inoltre, occorre essere presenti ai tavoli dove si decidono i destini del settore, attraverso un’attività di lobby costante e continua per spiegare a chi fa le leggi l’importanza e la strategicità di questo settore e a questo proposito dall’inizio dell’anno abbiamo aperto un nuovo ufficio di rappresentanza a Roma. Il tutto però non ‘ballando da soli’, infatti Fiap è uscita da Conftrasporto, perché in quest’ottica di autonomia e di allargamento a tutte le componenti del trasporto e della logistica si è trattato di un atto di coerenza, ma non siamo usciti da Unatras, che rappresenta un ente di coordinamento della maggior parte delle associazioni dell’autotrasporto. Infine, ma non in ultimo, occorre cambiare la narrazione dell’autotrasporto e qui la responsabilità è condivisa tra la volontà politica che non attribuisce al Ministero l’importanza che dovrebbe avere in un Paese che fonda sempre di più il suo futuro sul trasporto e la logistica, i vecchi feudi e i cerimoniali di cui abbiamo detto, l’industria che scarica le sue inefficienze sul costo del trasferimento delle merci, e non ultimi gli stessi imprenditori dell’autotrasporto che non hanno il coraggio di chiedere il giusto prezzo ai loro clienti, alimentando la guerra delle tariffe al ribasso e scaricando la loro incapacità a farsi valere sui clienti sui sub-vettori e i padroncini. Un circolo vizioso che nuoce a tutti e a cui bisogna mettere la parola fine”.

SILVIO FAGGI: L’AMICO DEGLI AUTOTRASPORTATORI

Segretario generale della Fiap, Vicepresidente dell’Albo dell’Autotrasporto, Silvio Faggi, scomparso nel 2021 all’età di 66 anni per un male che non gli ha dato scampo, è stato un vero protagonista del mondo dell’autotrasporto. Tutto ha inizio nel lontano 1980, quando giovane funzionario del partito socialista dell’epoca, il venticinquenne Faggi viene catapultato nel mondo sindacale a seguire le vicende dell’autotrasporto, settore a lui allora completamente sconosciuto.

Montanaro di Alfero, località della cosiddetta Romagna toscana, oggi frazione di Vergereto, dove si trova il castagneto più esteso dell’Appennino Romagnolo, risalente al 1600, oltre ad abeti e faggi, da cui probabilmente l’origine del cognome, il giovane Silvio, diploma magistrale, intelligenza acuta, ironia divertita, capacità di eloquio, si trova ad operare a Cesena che in quegli anni era il centro del trasporto frigorifero della frutta fresca e lavorata verso i grandi mercati del nord Europa, Germania in testa.

Il libro, scritto dal giornalista e storico dell’autotrasporto, Umberto Cutolo, racconta il cursus honorum di Silvio Faggi da semplice funzionario della Cna fino all’approdo in Fiap, una delle associazioni storiche del settore, nata all’indomani della guerra, chiamato per risollevarne le sorti, per “risalire la china” riconquistando la fiducia e il cuore degli autotrasportatori e riguadagnando il posto che meritava all’interno dell’associazionismo di categoria. Faggi si dedicherà animo e corpo a questa missione, raggiungerà l’obiettivo e metterà la Fiap in condizioni di affrontare i tempi nuovi passando nel 2020 il testimone ad Alessandro Peron. 

La lettura del libro dedicato a Faggi scorre, avvincente come un romanzo, attraverso le grandi lotte degli autotrasportatori, tra speranze e delusioni, alleanze costituite e naufragate, e questo trovarsi in più occasioni a dover “risalire la china” per riguadagnare la fiducia del popolo dei camion che passa dall’entusiasmo alla delusione, complici i governi che attribuiscono al trasporto su gomma grande importanza, ma soltanto a parole, l’industria che nei fatti vuole sottopagare il servizio e le stesse associazioni di categorie a cui Silvio non risparmia critiche affermando che “Invece di fa crescere la categoria da un punto di vista manageriale, li abbiamo trasformati (grazie ai bonus n.d.a.) in parastatali”.

Silvio Faggi considererà per tutta la vita gli autotrasportatori la sua seconda famiglia, nella quale infonderà senza risparmio intelligenza, tempo ed energia, senza smettere mai di essere vicino a chi i camion li gestisce e a chi li guida, con una spiegazione tecnica, la risoluzione di una questione fiscale, una chiacchierata per tirare un po’ su un operatore avvilito, o dare una reprimenda sanguigna, da romagnolo, se ce n’era bisogno, sempre pronto poi ad andare a cena tutti insieme in una di quelle trattorie caserecce che amava tanto. Non è un caso quindi che la mattina del 14 dicembre 2021, quattro giorni dopo la sua scomparsa, alle 10 precise, tutti i camionisti d’Italia, ovunque si trovasse il loro mezzo, hanno salutato con un colpo di clacson Silvio Faggi, l’amico degli autotrasportatori.

Il volume «Silvio Faggi. L’amico degli autotrasportatori»,
di Umberto Cutolo ed edito da Fiap, si può acquistare al prezzo di 14 euro.

Per informazioni: 
Silvio Faggi l'amico degli autotrasportatori - Il libro
049.7848900 - chiediafiap@fiapautotrasporti.it

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