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Conducenti impreparati: una tassa occulta per le imprese. Ma le autoscuole che ci stanno a fare?

| Pubblicato in News
camion Dopo circa un anno dall’inizio dei corsi per il rinnovo della CQC, dopo aver esaminato centinaia e centinaia di conducenti di più province, un primo bilancio sul livello di preparazione di chi quotidianamente conduce veicoli commerciali sulle strade d’Italia e d’Europa non è solo possibile, ma obbligatorio. Il quadro che emerge è, a dir poco, preoccupante. La conoscenza della segnaletica stradale è approssimativa e quella della normativa sociale praticamente nulla. Va un po’ meglio riguardo alle norme di comportamento. Quelle, tanto per chiarire, che tutti gli utenti della strada sono tenuti a conoscere. E la scarsa o l’inesistente conoscenza delle regole fissate dal Codice della strada e dalle norme complementari, esula dall’età del conducente, ma riguarda tutti: anziani e conducenti freschi di patente. Escluso, per le ragioni di cui sopra, che a noi sia capitato di fare i corsi per il rinnovo della CQC solo a quelli che potremmo definire “scarsi”, è evidente che questa situazione, (molto probabilmente generalizzata), pone inevitabilmente alcune riflessioni alle quali, chi di dovere, dovrà prima o poi dare una risposta. Accanto alla legittima preoccupazione per quanto riguarda - in generale - la sicurezza della circolazione, ci preme innanzitutto segnalare il duplice danno, al netto di coloro che fanno i furbi, che tutto ciò produce in capo alle aziende serie, che – per inciso - sono la maggioranza, che impiegano questi conducenti: I costi della riqualificazione del personale. Sempre più spesso le imprese devono sostenere costi piuttosto elevati per somministrare ai propri dipendenti corsi specifici di riqualificazione solo in parte mitigati dai finanziamenti che il Ministero dei Trasporti mette a disposizione per la formazione, peraltro di anno in anno sempre più esigui; I costi delle sanzioni spesso milionarie – cui le imprese incorrono e che rappresentano una vera e propria spada di Damocle sulla loro testa. Detto in altri termini, il fatto di avere una patente di guida di categoria C non dà nessuna, ripetiamo nessuna, garanzia sulla conoscenza delle regole fondamentali per lo svolgimento della professione di conducente quali sono, ad esempio, le norme del reg. 561/2006 sui tempi di guida e di riposo o quelle relative al corretto utilizzo del cronotachigrafo analogico o digitale che sia. E qui, per dirla alla Marzullo, qualche domanda nasce spontanea: Ma le autoscuole che ci stanno a fare? Che tipo di formazione impartiscono agli aspiranti conducenti? Sono in grado (conoscono!?) le norme che dovrebbero insegnare? E’ opportuno lasciare ancora in mano a queste strutture, a dir poco obsolete, un compito tanto delicato o non sarebbe più opportuno incaricare soggetti professionalmente più preparati? In giro per l’Europa non mancano sicuramente esempi di scuole d’eccellenza per conducenti professionali che vedono la partecipazione diretta delle Organizzazioni professionali delle imprese di autotrasporto. Cosa osta che anche in Italia si vada in questa direzione? E un’altra- inevitabile - domanda riguarda gli uffici provinciali delle Motorizzazioni civili. Siamo certi che nel corso dell’esame per ottenere la patente C si facciano verifiche efficaci e approfondite sulla effettiva preparazione di questi aspiranti conducenti di TIR?   Visti i risultati più di un dubbio, lo confessiamo, a noi è venuto. Silvio Faggi – Segreteria Nazionale FIAP   Cesena 04 Maggio 2014
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