Articolo tratto da Sistemi di Logistica VII/3
Girando l’italia in lungo e in largo ho iniziato ad appuntare, in base a racconti raccolti, le «fantasie criminali di pseudo imprenditori dell’autotrasporto» che arrecano danni incalcolabili ai colleghi onesti, all’economia e ovviamente all’immagine di un settore importante come quello del trasporto. Un cospicuo numero di autotrasportatori offre, infatti, viaggi al di sotto dei costi minimi di sicurezza danneggiando il mercato. Non sono bravi imprenditori, piuttosto sono furbi che approfittano di vuoti normativi, di scarsità di controlli soprattutto incrociati, di incertezza delle pene, di sotterfugi inventati da commercialisti e avvocati poco professionali, sconfinando impuniti nell’illegalità più sottile. Da queste esperienze nasce questo «manuale», un elenco di attività dei sistemi illeciti adottati, raggruppate per tipologie, che ho appreso sulle strade. Quello che segue non è un insieme di leggende metropolitane bensì un elenco, seppure parziale, di fatti e misfatti supportato da documentazioni e riscontri oggettivi. Il fine che, come FIAP, ci proponiamo con questa pubblicazione è quello di mandare un segnale ai tanti, troppi, furbetti che operano in questo settore convinti di restare coperti e impuniti.
Gli autisti dell’est
Sicuramente, il costo del conducente rappresenta una delle voci di costo più importanti in un’impresa di autotrasporto e incide per circa il 30% sul totale dei costi sostenuti dall’impresa. Tra stipendio, trasferte, tasse e contributi previdenziali e assistenziali un autista costa in media 4.500/5.000 al mese. Inoltre, un autista assunto regolarmente come dipendente va in ferie, si può ammalare, non si può licenziare con facilità (magari perché si rifiuta di lavorare venti ore al giorno) e anche tutto ciò ha un costo. Per questo, il sistema più in voga e sicuramente più conveniente per risparmiare consiste nell’assumere conducenti con contratti stipulati all’estero, preferibilmente in Romania, o in Polonia (va bene anche la Slovacchia).
Partendo dal presupposto che la paga media di un autista dell’Est su cui si pagano i relativi contributi è di circa 300 euro mensili, se allo stesso autista vengono offerti mille o più euro è evidente che sarà disposto a fare qualsiasi cosa gli venga chiesta. Il metodo più semplice? Si costituisce una bella impresa in uno di questi Paesi, si assumono gli autisti (non necessariamente in regola, tanto chi controlla?), si noleggiano i mezzi immatricolati in Italia all’impresa estera e si parte. Con un po’ di furbizia, in questo modo, si può fare sia il trasporto nazionale sia quello internazionale. L’importante è che, durante i viaggi nazionali, ad un eventuale controllo, l’autista dica che non ha busta paga o contratto al seguito e che lavora per l’impresa italiana. Poi, eventualmente, i contratti di locazione si possono mostrare in seguito evidenziando che l’autista è assunto all’estero. Quelli che fanno viaggi internazionali possono anche immatricolare un po’ di veicoli direttamente all’estero (beneficiando di ulteriori risparmi), dove non c’è alcuna necessità di farli stazionare nel paese straniero, potendo partire tranquillamente dal piazzale italiano e rientrare nello stesso ancora una volta fidando sulla quasi impossibilità di effettuare controlli capillari e di merito.
Le imprese «ghost»...
Non è necessario impiantare veramente l’impresa, con piazzale, attrezzature, uffici, ecc. Basta appoggiarsi a un commercialista o un avvocato e munirsi di una sede puramente (se vogliamo anche apparentemente) legale ed il gioco è fatto. Pensate che negli Stati dell’Est europeo ci sono più di mille imprese di autotrasporto costituite da italiani, ma pare che solo una piccola parte di queste disponga di una sede effettiva, di uffici, di piazzali (sarebbe utile riuscire ad ottenere un elenco dettagliato di queste imprese). Non solo: pare che, specie in Romania, siano in vendita delle ditte di autotrasporto munite di Licenza Comunitaria, un nuovo filone di estremo interesse per chi, ad esempio, magari inseguito dai creditori, ha necessità nel giro di qualche giorno di far sparire un’intera flotta. Mediante l’acquisto di una di queste «aziende» si può operare in tutt’Europa con costi del lavoro romeni trasportando (cabotaggio compreso) in tutta tranquillità (almeno all’apparenza). L’offerta di vendita di queste aziende viene fatta abbastanza alla luce del sole e prevede, per la risposta, anche una mail, che sa molto di italiano, ed un numero di telefono.
... ma anche gli autisti «ghost»
Come già detto, un autista può essere messo in regola o no e, naturalmente non fa rientro nella sua nazione tanto spesso, (di solito ogni 3 mesi), ma può anche rimanere fuori per 6 mesi. Durante tutto questo tempo può vivere nella cabina e, se si vuole essere più umani e un po’ più generosi, gli si può anche consentire di usare le strutture della sede italiana (almeno per fare una doccia). Alcuni sono, a volte, anche più generosi, tanto da acquistare e mettere a disposizione persino una lavatrice. Forse si sembra meno schiavisti e ci si alleggerisce un poco la coscienza. Se si è invece senza scrupoli, allora si fa pagare anche l’affitto della cabina, d’altronde è come un mini appartamento o, se si preferisce, un camper di buon livello!! Quando poi gli autisti vanno a trovare le loro famiglie nello Stato di origine l’ideale è licenziarli: in fondo perché pagare le ferie quando riassumerli è un gioco da ragazzi? Se mai a qualcuno fosse sfuggito, ricordo che la differenza, considerando il solo costo dipendente tra quello «nostrano» e quello estero, si aggira tra i 30.000 e i 35.000 euro l’anno; per di più quello estero non è soggetto a controlli da parte dell’Ispettorato del Lavoro il che fa una bella differenza. Difficile da credersi? A richiesta possiamo fornire copia di contratti di lavoro vigenti. Per far girare le ruote 15-18 ore al giorno è sufficiente procurarsi libretti di lavoro fasulli in un altri Paesi (magari in Romania e magari, per restringere il campo, nelle vicinanze di Timisoara) ed essere assunti presso una ditta estera collegata prudenzialmente con la capofila italiana. Ad un eventuale controllo basta dire sempre che si è in prova dal giorno precedente e si è nell’immediatezza di regolarizzare il rapporto di lavoro. Se si assume un fantasma sarebbe prudenziale farlo girare all’interno del Paese e fare qualche sortita all’estero per caricare e scaricare i mezzi. Lo stipendio, quando non si è in presenza dell’intermediario che chiede una «mancia», è al massimo di 200 euro in busta paga ed il resto in pochi contanti.
Le «filiazioni» e le agenzie interinali
È un sistema ancora più semplice: basta costituire una filiale nello stato estero (senza neanche impiantare una nuova società) e registrarla alla camera di commercio. Fatto questo semplice passaggio, al costo di poche decine di euro da pagare al solito maneggione italiano impiantato là, si possono assumere autisti direttamente nel Paese in cui è stata costituita la filiale, con un contratto estero a prezzi vantaggiosissimi, magari come autisti internazionali, e metterli alla guida dei propri mezzi. Pare che qualcuno abbia già sperimentato questo sistema e che continui ad utilizzarlo senza problema alcuno con buona pace di sindacati, inps, inail, Ispettorati del lavoro e via dicendo. Sempre per rimanere nel filone estero, i più scaltri (non solo autotrasportatori) si sono spinti fino a costituire un’impresa di noleggio di «risorse umane», magari in Romania, per utilizzare gli autisti non solo per la propria impresa. Infatti all’occorrenza gli autisti possono anche essere noleggiati ad altri (il termine noleggio ricorda un po’ la tratta degli schiavi, ma basta lasciare la coscienza a casa in nome del denaro). Non si tratta, come qualcuno vorrebbe far credere, dell’istituto del distacco, ben disciplinato dal nostro ordinamento e consentito solo con determinati presupposti, ma molto più semplicemente di una forma di elusione giocata tutta sulla difficoltà di esperire controlli efficaci e di elevare sanzioni congrue. Anzi pare proprio che coloro che hanno adottato tali stratagemmi continuino a farlo impunemente.
Le false cooperative
Ma se l’idea di oltrepassare le frontiere spaventa un po’ non occorre scoraggiarsi, qualcosa per risparmiare si può fare anche rimanendo nel paese. Certo, il risparmio non è lo stesso, ma il gioco vale comunque la candela. Il metodo è questo: si costituisce una società cooperativa di produzione e lavoro, gli autisti da dipendenti diventano formalmente soci lavoratori e continuano a fare i dipendenti. La cooperativa beneficia di agevolazioni soprattutto di carattere fiscale e finanziario ma, soprattutto, il socio lavoratore è come se fosse un imprenditore, quindi può essere licenziato tranquillamente. Di fatto i soci lavoratori non vengono pagati a stipendio ma a cottimo, cioè a viaggio, e quando nonlavorano perché malati, in ferie, o magari perché non c’è lavoro, non prendono paga. Dovrebbero essere piccoli imprenditori consorziati, ma di fatto sono solo dipendenti schiavizzati che possono essere sottoposti a qualsiasi tipo di orario pena il licenziamento. Le dimensioni del fenomeno? Pare anche questo impossibile da credere, ma di cooperative fasulle nel nostro Paese ce ne sono a migliaia; di solito si lavora con due imprese separate, una proprietaria dei veicoli (che di fatto possono anche essere noleggiati), l’altra (soc. coop.) proprietaria della forza lavoro. La cooperativa non ha capitale da perdere e può essere sciolta in qualsiasi momento e, naturalmente, può contrarre debiti cospicui (soprattutto nei confronti dello Stato per contributi e imposte varie) che non verranno mai onorati per mancanza di solvibilità. L’unico problema è che anche la cooperativa deve essere iscritta all’Albo degli autotrasportatori perché, in effetti, diventa vettore (che lavora con i mezzi dell’altra ditta presi in locazione) ma questo non è un problema insormontabile. Basta un po’ di fantasia e il gioco è fatto. L’aspetto che andrebbe approfondito è capire chi sta dietro a questi maneggi: solo avvocati, commercialisti, trafficoni senza scrupoli o anche qualche grande committente? In fondo la storia è la stessa di tante cooperative di facchinaggio che, guarda caso, operano per gli stessi committenti.
GDO e dintorni
Per chi opera con la Grande distribuzione organizzata (gdo) una soluzione è quella di creare delle cooperative «vuoto a perdere» della durata massima di due anni. Alla scadenza, o meglio ancora in periodo di «premorienza» programmata, è necessario crearne un’altra cambiando la ragione sociale, ma rigorosamente con gli stessi addetti della precedente e possibilmente con la stessa sede. Un altro sistema efficace è quello di inventarsi una bella società cooperativa mascherata da agenzia di somministrazione lavoro (ma che non lo è assolutamente) che noleggia gli autisti all’impresa vera e propria (per i vantaggi relativamente al presente punto è sufficiente applicare qualche espediente presente nel manuale). In questo caso non serve neanche l’iscrizione all’Albo, perché ad essere locati sono gli uomini, non i mezzi. Per ultimo, poiché avere dipendenti è assolutamente controproducente e poco redditizio, è comunque bene avvalersi di padroncini o pseudo tali. Cioè, spesso i padroncini sono puri dipendenti che lavorano costantemente per anni e anni per la stessa impresa di autotrasporto che dà i viaggi in subvezione. Il trattamento è lo stesso che per le società cooperative: niente ferie, niente malattia, lavoro a cottimo e, di conseguenza, sfruttamento incessante ed estenuante.
Padroncini usa e getta
I padroncini, come altre categorie già citate, sono quelli che svolgono il lavoro in proprio e sono disposti a tutto perché più lavorano più guadagnano a discapito di ogni garanzia di sicurezza della circolazione.
Per i più sprovveduti c’è anche la possibilità di mettere in strada un veicolo e affidarlo ad un autista senza patente o con patente non idonea. L’importante è non essere controllati su strada e, nell’eventualità, far dichiarare all’autista candidamente: ma in Italia è davvero necessario avere la patente per guidare un camion? Non si ha voglia, poi, di sostenere gli esami per la patente professionale? No problem! Basta reperire su un mercato parallelo illecito i certificati di qualificazione del conducente falsi e, se fermati dalla Polizia Stradale, dichiarare che la patente di guida è rimasta a casa. L’unica preoccupazione dovrà essere quella di trovare i veri falsi delle CQC; quindi niente strani formati e strane compilazioni. Tutto deve apparire regolare. Pare comunque che anche questo non sia affatto un problema. Giusto per citare qualche forma di banditismo casereccio abbiate la compiacenza di fare attenzione al racconto che segue.
Un grosso committente che opera nella raccolta e distribuzione, per fare cassa risparmiando sul costo trasporto, offre lavoro ad una cooperativa formata da soci-lavoratori (di fatto padroncini mascherati) ai quali, a fine mese, viene rilasciata una busta paga da cui si evince chiaramente l’evasione in termini di tasse e di contribuzione.
Queste buste paga, a fronte di oltre 12 ore di lavoro giornaliero, prevedono un totale di due o tre ore al giorno. La differenza? Diaria, premio, rimborso spese. Su una busta paga, per esempio, risultano trenta ore quando quelle effettive sono oltre 200. La differenza che a volte si nota è esattamente la metà tra la voce contribuzione e le altre fantasie non tassabili (ad esempio, 30 ore di retribuzione: euro 260 circa… premi o rimborsi: oltre 500 euro. In tal modo le tasse si pagano solo sulla retribuzione). A fine periodo lavorativo cosa si trova in tasca il socio lavoratore? Nulla o poco più! E quando ci sono i controlli in sede? Basta far sparire al momento i soci lavoratori non in regola facendoli nascondere nei bagni, dietro i bancali o addirittura dentro i furgoni. E quando la situazione diventa pesante è sufficiente chiudere la cooperativa e crearne un’altra con le stesse persone, ma cambiando ovviamente ragione sociale. In tal modo si riesce a viaggiare, facendo, oltre ad una diffusa evasione, concorrenza sleale nei confronti di altri colleghi che lottano ogni giorno con i costi elevati di gestione. Un’altra situazione piuttosto comune è quella di offrire, come cooperativa, servizi anche accessori al trasporto (facchinaggio per esempio) con prezzi elevati a discapito del prezzo del trasporto che viene effettuato dalla stessa cooperativa. In sostanza il basso prezzo del trasporto viene compensato da maggiori ricavi dalle altre attività. Sempre in materia di cooperative, per esempio di facchinaggio, che nella realtà svolgono altre mansioni. In questo caso è necessario utilizzare personale straniero che, pur di sopravvivere, accetta qualsiasi condizione ivi compresa l’approvazione di un bilancio sociale consuntivo. Queste false cooperative hanno di solito la sede legale presso l’abitazione del Presidente, a volte un semplice prestanome extracomunitario. Per dare una parvenza di legalità alla cosa la sede della cooperativa può essere effettivamente indicata ad un numero civico ma magari corrisponde ad un ripostiglio oppure meglio ancora può essere posta presso la sede di un commercialista con pochi scrupoli. E per farsi trovare? Anche su questo la fantasia non ha confini, basta procurarsi, ad esempio, un telefonino anonimo. Per mantenere il controllo della cooperativa a volte però si rende necessario apportare delle varianti allo schema descritto del tipo: lo stesso committente costituisce una cooperativa fatta in casa» alla cui presidenza è sufficiente mettere un familiare nullatenente dell’amministratore della ditta committente e il gioco è fatto.
Le cooperative spurie e il caporalato
Altra possibilità: il caporalato attraverso la creazione delle cooperative cosiddette «spurie» che permettono un abbattimento dei costi in modo significativo. Si tratta di una somministrazione di lavoro alternativa alle agenzie di lavoro interinale. La creazione di un’agenzia interinale irregolare permette di affittare i propri lavoratori ad altre aziende. Questo modus operandi, nel mondo dell’autotrasporto, ha una percentuale di controllo minimo.
I contratti a chiamata
Altra possibilità è quella del «contratto ad intermittenza». In questo caso l’autista viene assunto con contratto ad intermittenza che gli consente di lavorare a chiamata per un massimo di cinque giorni al mese. Si fa un’assunzione regolare con la comunicazione all’inps. Fatta tale operazione e nel caso si voglia adoperare un autista a chiamata non si comunica nulla agli Enti preposti né preventivamente né successivamente (il giorno dopo). Se l’autista non viene controllato in quel giorno, la giornata di lavoro può tranquillamente «sparire» e non essere registrata. In tal modo, senza molte alchimie, è possibile utilizzare l’autista per un intero mese e pagare contributi e tasse solo per i cinque giorni previsti o forse anche meno. Per resistere oltre l’inverosimile, mettendo a rischio la sicurezza propria e degli altri, sulle ore di lavoro, si guida in stato di alterazione da i trucchi per lavorare 18-24 ore
Lavorare tanto stanca e non sempre il fisico è in grado di reggere.
Allora il ricorso ai farmaci, eccitanti più o meno legali, per restare svegli è indispensabile. Autisti con 240-250.000 km anno sul groppone - che tradotto significa fare almeno 1.000,00 km al giorno - sono più di quanto si possa immaginare. La chimica fa miracoli ma questi sono vere e proprie bombe lanciate su strade e autostrade. Un’ulteriore, pericolosa, moda tra gli autisti dell’Est europeo è quella di ingerire come eccitante, per esempio, il liquido antigelo che, dicono, aiuta a rimanere svegli. Particolare non secondario l’assunzione di metanolo sfugge al controllo dell’alcoltest. I suoi effetti sono dapprima eccitanti, poi narcotizzanti. Sotto l’effetto della materia si riesce a guidare oltre il lecito, ma questa è una pratica che a lungo andare può portare all’arresto cardiaco e alla morte. Va bene stare svegli ma con il tachigrafo digitale come la mettiamo? È sufficiente un piccolo magnete applicato sul cronotachigrafo, senza grandi interventi tecnologici, per far risultare che il camion è fermo mentre sta sfrecciando su strade e autostrade e il gioco è fatto. Altra soluzione è quella di utilizzare la doppia scheda: quella personale e quella del titolare che risulta alla guida, ma di fatto, è comodamente seduto in ufficio a svolgere altre mansioni. Se poi l’autista oltre a farsi di metanolo e altre porcherie ha anche il vizio di bere, ciò potrebbe non costituire un problema per l’azienda. Infatti è illegittima la confisca del veicolo in leasing (sentenza 14484 del 17 aprile 2012 delle Sezioni Unite della Cassazione Penale). Nel caso è necessario avere a disposizione un parco autisti, e non è difficile, che permette un ricambio immediato. Insomma l’amara riflessione che ci viene spontaneo fare è che assumere autisti nel rispetto delle norme di legge e contrattuali è tutt’altro che la regola e i pochi imprenditori che ancora lo fanno rischiano di passare non per onesti, come in effetti sono, ma per fessi.
Il cambio del disco...
Anche per quanto riguarda il rispetto dei tempi di guida e riposo gli stratagemmi da adottare sono molteplici. Se il mezzo è dotato di tachigrafo analogico, il gioco più in voga è quello di cambiare disco durante il viaggio e di farlo sparire. L’autista, in caso di controllo, esibisce il secondo disco, dicendo di essere salito a metà dell’itinerario e che nel primo tratto il mezzo è stato guidato da altro autista, o magari dal titolare che, nel frattempo, è seduto comodamente presso la sede.
... o lo scambio dei veicoli
Un’alternativa per viaggiare «sereni» almeno 15/16 ore consecutive al giorno è quello di organizzare il giro in modo tale che si parte con un veicolo da un punto di carico e si torna nell’arco della giornata nello stesso punto di partenza, ma con un altro veicolo guidato dallo stesso autista. Come fare? Semplice! L’autista che parte con un veicolo dotato di tachigrafo digitale, a metà percorso e magari in un punto intermedio di scarico/ricarico, sale su un altro mezzo della stessa ditta dotato di tachigrafo analogico. Morale: difficile ad un controllo su strada contestare la continuità di viaggio da parte dello stesso autista. L’importante è quello di ripetere ogni giorno la stessa operazione in modo tale da poter dimostrare la guida nel corso degli ultimi 28 giorni o con i dischi del tachigrafo analogico ovvero con la carta del conducente. Altro caso è quello che due autisti partano con due mezzi per la stessa destinazione. All’arrivo, al fine di eludere i controlli sui periodi di riposo e per ripartire immediatamente, è sufficiente scambiarsi il mezzo. Il sistema funziona perché nessuno può contestarlo, almeno durante un controllo Su strada. Certo i mezzi con l’analogico cominciano a diventare vecchiotti ci sono alcune aziende che hanno veicoli dotati solo di questo tipo di tachigrafo e se devono sostituire un veicolo sono disposti ad acquistare solo veicoli con l’analogico. Facile capire il perché. Sempre con l’analogico, infatti, si può far sparire qualche disco compromettente e sostituirlo con moduli di attestazione delle attività svolte: si fa cioè figurare che quel giorno l’autista era in ferie o in malattia o altro ma che comunque non stava guidando. Per quanto riguarda il digitale c’è solo da sbizzarrirsi: le carte tachigrafiche possono essere clonate, se ne può falsamente dichiarare lo smarrimento o il furto chiedendo il «duplicato» o il «triplicato» mantenendo così due o tre carte. Anche in questo caso essere scoperti non è cosa semplice poiché le carte riportano lo stesso nome, basta usarle alternativamente e fare due conti. L’intramontabile calamita Per tutti i tipi di tachigrafo c’è la vecchia e intramontabile calamita, di cui abbiamo già fatto cenno, il sistema più economico in assoluto e più facile da reperire.
Pensate che vengono vendute, almeno stando a radio tir, persino nelle aree di servizio autostradali. incredibile cosa riesce a fare una calamita, blocca tutti gli impulsi ed il mezzo è come se fosse completamente fermo. Certo metterla e toglierla non è semplicissimo ma ci si può attrezzare. Piccolo svantaggio se si viene fermati con la calamita attaccata: addio patente. Per questo è importantissimo usarla negli orari appropriati (di notte, cambio dei turni della polizia stradale, zone poco controllate…). Infine, il sistema più sofisticato: un bel congegno che blocca gli impulsi del trasmettitore posizionato stabilmente sul veicolo che può essere azionato tramite un telecomando o un pulsante. Questa è l’innovazione criminale: si tratta di istallare un dispositivo di accensione e totalmente regolabile mediante telecomando anche a distanza, tanto da poter dimostrare per esempio che partendo dall’Ungheria per arrivare in Abruzzo si sono percorsi solamente 300 km circa. Come agisce il congegno? Nei modi più disparati, ce ne sono di tutti i prezzi e sono in continua evoluzione, basta informarsi. Chi li monta? Questo non è un problema davvero, sempre a sentire radio tir: di officine compiacenti ce ne sono a bizzeffe, basta chiedere o ascoltare i consigli per gli acquisti tramite «baracchino».
I dischi «dimenticati»
Altro sotterfugio, ma non meno importante, è quello di omettere di far vedere i dischi durante un eventuale controllo, la sanzione per non averli al seguito è piccola ma il vantaggio è grande perché non si rischia di avere il verbale durante il viaggio e magari di doverlo pure pagare immediatamente. Certo poi bisogna portarli in visione, ma questo è un problema che può essere risolto in seguito ricostruendo, all’occorrenza, qualche disco in casa (ci sono apparecchi per tale scopo che sono fenomenali!) o integrando magari con i moduli di assenze. Per tutti quelli che hanno costituito una bella impresa estera: si può fare quello che meglio si crede, l’importante è non avere sanzioni su strada perché, superato questo scoglio, non ce ne sono altri da temere, visto che nessun controllo da parte dell’Ispettorato può essere fatto su autisti assunti in un altro Stato.
La sanzione di sicurezza
Per chi viaggia verso l’estero (nei paesi comunitari) ed ha la «fortuna» di non essere stato controllato nei 25-26 giorni precedenti in Italia, lo stratagemma è semplicissimo: appena passata la frontiera bisogna chiedere un controllo ad una pattuglia di Polizia magari tedesca (situazione consolidata). Al controllo si viene sanzionati con un minimo di euro per una infrazione leggera ed al rientro in Italia la Polizia Stradale può effettuare il controllo solo dall’ultimo controllo avuto oltrefrontiera e cioè da quello tedesco evitando, in tal modo, di avere verifiche nei 28 giorni precedenti e mascherando così eventuali anomalie verificatesi durante i trasporti effettuati sul territorio nazionale. In relazione al traffico merci internazionale, ma anche in quello nazionale, è prassi che nella verifica delle attività del conducente, qualora si rilevi un accertamento effettuato da forze di Polizia (dalla memoria di massa del tachigrafo digitale o dal timbro apposto sul retro di un foglio di registrazione) la verifica parta da quella data dando per scontato che l’attività precedente sia già stata controllata. A questo proposito è bene sapere che, mentre le normative risultano allineate, è cioè i regolamenti sono uguali per tutti gli Stati Membri, le sanzioni variano da Stato a Stato. Ora se in Italia il superamento delle ore di guida viene punito con una pena pecuniaria progressiva (ed eventualmente con una detrazione di punti dalla patente), in Francia qualora si oltrepassi la soglia del 20% l’infrazione assume valenza penale ed in Spagna la cifra da pagare è 10 volte superiore alla nostra. Per cui i trasportatori italiani devono valutare i possibili problemi a cui vanno incontro e magari preferire, prima di intraprendere un viaggio intercomunitario, di farsi controllare e contravvenzionare qui in Italia in modo da poter evitare le dure sanzioni previste negli altri Stati. Ultimo ritrovato dell’elettronica truffaldina in materia di tachigrafi digitali è l’applicazione di un apparecchio che consente di staccare il tachigrafo mediate un telecomando e che permette, se fermati per controlli magari dopo 200-300 kilometri, di riattivarlo all’istante facendo registrare un movimento perfettamente in regola di almeno 30-40 minuti precedenti. Necessario un mini corso di formazione per l’utilizzo.
I doppi fondi
Un «trucchetto» assai noto è quello dei doppi fondi dove è possibile stipare alimenti per la sopravvivenza(!), clandestini, stupefacenti e tabacchi. È necessario, tuttavia, utilizzare accuratamente targhe false, nonché permessi internazionali e documenti di circolazione contraffatti.
Revisioni compiacenti
Anche sui veicoli si può risparmiare qualcosa, soprattutto sulla manutenzione, omettendo di tenerli strettamente in regola. È vero che ogni anno i mezzi devono essere sottoposti a revisione, ma trovare qualche officina compiacente o qualcuno che chiude un occhio non è cosa impossibile, anzi. Pare che fare la revisione al mezzo portando la sola carta di circolazione (il veicolo può anche rimanere in ditta o in circolazione magari anche in altri stati della Comunità europea) sia ancora una pratica piuttosto diffusa e a testimoniarlo ci sono i ricorrenti arresti e denunce di funzionari infedeli o corrotti della motorizzazione civile. Ricordiamo che, se si utilizza il sistema della ditta fittizia impiantata in un paese dell’Est, si può anche immatricolare i veicoli in quello Stato e quindi risparmiare sull’assicurazione poiché il costo delle polizze in tali stati è irrisorio e, inoltre, addio tassa di possesso. Un’alternativa molto di «moda» è quella di spostare tutti i mezzi nei paradisi illegali dell’Est europeo ed avere l’accortezza di farli circolare in tutti i Paesi men che in Italia dove l’azienda, caduta in disgrazia, corre il rischio di vedersi sequestrato tutto il parco veicolare. La fase successiva deve essere quella di creare più di una cooperativa sfruttando, nel pieno rispetto della tratta degli autisti, materiale umano a basso costo. Le cooperative ovviamente devono avere sede legale in quei paesi. L’entrata (e uscita) lenta L’art. 12 del regolamento (CE) 561/06 recita: «A condizione di non compromettere la sicurezza stradale e per poter raggiungere un punto di sosta appropriato, il conducente può derogare alle disposizioni degli articoli da 6 a 9 nei limiti necessari alla protezione della sicurezza delle persone, del veicolo o del suo carico. Il conducente indica a mano sul foglio di registrazione dell’apparecchio di controllo, nel tabulato dell’apparecchio di controllo o nel registro di servizio il motivo della deroga a dette disposizioni al più tardi nel momento in cui raggiunge il punto di sosta appropriato». E allora capita che nelle registrazioni a mano possono risultare più passaggi presso aree di servizio (entrate e uscita lente) tanto da permettere ore in più di viaggio. Correzione al volo, via gps Ultimo ritrovato dell’elettronica è l’utilizzo del gps. Basta avere un collegamento via satellitare con l’ufficio o l’abitazione e il gioco è fatto. Da casa o dall’ufficio infatti è possibile far stampare dal tachigrafo digitale quello che si reputa più opportuno. Viaggiare informati e informando. Si parte da Firenze direzione Roma. Si mette accuratamente in pausa il tachigrafo e se si viene fermati basta telefonare in tempo utile alla «centrale», la quale fa ripartire il funzionamento regolare del tachigrafo da dove si vuole. Come speculare sulla tipologia di trasporto Nel caso del trasporto di formaggi o derivati dal latte, il sistema che molti utilizzano è quello di viaggiare a «temperatura ambiente» risparmiando sul gasolio. Anziché viaggiare a +4° e si viaggia magari, ma non di più, a +16°. In tal caso bisogna sperare di non essere controllati su strada e assicurarsi che alla consegna i prodotti vengano in qualche modo immediatamente rinfrescati. Nel trasporto animali vivi per la macellazione, invece, è necessario stipare all’inverosimile, modalità sardine, gli animali infischiandosene delle normative anche sanitarie… tanto sono animali destinati alla macellazione. Su questo versante esempi se ne potrebbero fare tanti, ci fermiamo a questi due giusto per dare il senso di quanto diffuse siano le pratiche elusive giusto per far quadrare i conti.
Capitolo assicurazioni
Un ulteriore sistema per risparmiare è quello di avere un mezzo privo di copertura assicurativa, ma con contrassegno falso perfettamente identico al vero. L’importante è trovare uno scanner professionale e non incorrere in incidenti stradali; meglio ancora è quello di affidarsi, a costi ridicoli, a qualche compagnia on line, che rilascia, senza autorizzazioni, i contrassegni assicurativi. In tal caso si risparmia di meno, ma il rischio è notevolmente ridotto. Vendersi camion e merce Altro sistema per guadagnare in modo «truffaldino» è quello di vendersi camion e carico. Il camion finanziato con operazione leasing, in caso di furto, viene rimborsato dalla Compagnia di assicurazione. Quindi vendere, oltre le Alpi o oltre l’Adriatico, il mezzo ed un carico appetibile resta il top delle truffe; l’importante è che la denuncia del furto venga fatta rispettando i tempi necessari per far sparire il tutto. Nel caso in cui il mezzo non fosse di proprietà della società di leasing, ma di proprietà dell’impresa, è buona regola assicurarlo contro incendi e trovare da qualche parte «fiammiferi intelligenti». Il vantaggio è quello di recuperare una cifra congrua rispetto al valore assicurato senza doversi rivolgere ad un mercato come quello attuale dove il prezzo dell’usato è letteralmente crollato. Tasse, imposte, accise e varie Se si utilizza il sistema della doppia ditta (sia nel caso in cui la consorella si trovi all’estero sia che si trovi in Italia), giocare sulla fatturazione è possibilissimo e difficile da scoprire. Inoltre la sede all’estero consente di portare fuori anche ingenti capitali il che, comunque, non guasta. In ogni caso è sempre bene far accumulare tutti i debiti sulla ditta che non ha niente da perdere così che chiudere e riaprire diventa veramente indolore. Inoltre, se i veicoli vengono locati, si può fare un bel gioco e sfruttare il rimborso delle accise due volte, cioè può essere richiesto sia dal locatario che dal locatore (uno ha la proprietà del veicolo ed è pertanto titolato a farlo, l’altro pure perché ne ha la piena disponibilità). Poco importa se il contratto di locazione è fasullo o non viene registrato o neanche fatturato! Costi minimi e provviste in nero A proposito delle fattura di vendita - e questo riguarda più l’impresa italiana - per dimostrare di aver applicato i costi minimi, è sufficiente fatturare l’intero per poi ristornare la differenza su una fattura del committente, magari per organizzazione dei servizi di trasporto o, nel peggiore dei casi come ancora purtroppo avviene, cambiare l’assegno e portare una parte del contante al proprio committente. Tutto risulterà regolare anche la vulgata secondo la quale una parte consistente degli operatori risulta affetta da una forma cronica ed irreversibile di autolesionismo. Sarebbe curioso sapere se le ditte che hanno delocalizzato affittando i mezzi alle loro stesse imprese in altri paesi, perdendone di fatto il possesso, usufruiscono degli sconti autostradali o delleriduzioni INAIL. Ancora una volta riuscire a mettere le mani sugli elenchi delle ditte delocalizzatee intrecciando questi con i dati delle consorelle italiane potrebbero emergere intrecci molto ma molto interessanti.
Carburante parallelo
Per le accise si rimanda al punto precedente. Per avere altri risparmi bisogna rivolgersi al mercato parallelo, cioè a quello sommerso del carburante riciclato. Esiste, eccome se esiste, almeno stando a radio tir. I furti nei confronti dei depositi di carburanti (ma anche dai singoli veicoli i cui serbatoi vengono svuotati in pochi minuti grazie a potenti pompe che funzionano a batteria) negli ultimi tempi sono stati numerosi e, sicuramente, quanto sottratto viene rivenduto più o meno a metà prezzo. Ma pare che ci sia anche carburante che esce dalle raffinerie in modo illecito, non consegnato ad enti pubblici e rivenduto sottobanco. Bettoline che nei porti riforniscono le navi e che ogni tanto tornano indietro parzialmente cariche per scaricare il contenuto di nuovo nel camion che fa rifornimento, gasolio agricolo che la campagna non vedrà mai come è fatta se non dal cigli odi un’autostrada e via dicendo. Se si va a sommare, il quantitativo che gira illegalmente è notevole e dà vita ad un vero e proprio mercato. Naturalmente il gasolio illegale non può essere fatturato ma anche questo è uno scoglio può essere superato perché di benzinai pronti ad emettere false fatture di approvvigionamento senza difficoltà ce ne sono da vendere. Con buona pace di chi vorrebbe lo sconto delle accise sul gasolio alla pompa. Rifornimento al... volo! Per risparmiare ulteriormente sui costi di maggior peso (gasolio) è necessario informarsi dove, quando e come intercettare, specie nella fascia adriatica, la cisterna giusta che trasporta ecodiesel e lo vende al volo magari in qualche area di servizio o in qualche piazzola lungo le arterie autostradali… Il biodiesel non disturba, rende meno, ma costa quasi la metà del prezzo del gasolio alla pompa; inoltre, per le sue caratteristiche, il biodiesel, nella legalità, è ormai utilizzato nei motori di autobus, trattori, camion e impianti di riscaldamento. Sono sempre di più le amministrazioni comunali e le aziende di trasporti che utilizzano questo prodotto per ridurre le emissioni inquinanti.
C’è sempre qualche giudice di pace
Dove non riesce ad arrivare la fantasia dell’illegale ci pensano alcuni organi giudiziari (giudici di pace), i quali assolutamente senza dolo ma forse per scarsa conoscenza della materia, tirano fuori provvedimenti che è un eufemismo definire discutibili. Prendiamo il caso di un autocarro con targa «temporanea» tedesca che circola in Italia effettuando un trasporto di merci con relazione di traffico Germania-Italia; viene fermato su strada e gli viene contestata la violazione dell’art. 46 L.298/74, che comporta una pesante sanzione amministrativa e il fermo del veicolo per 3 mesi. È sufficiente far ricorso al giudice di pace e, in alcuni casi, si viene assolti con una sentenza, per esempio, di questo genere: «È permesso il trasporto e la circolazione di un veicolo tedesco con targa temporanea. Perciò il veicolo della ditta X con targa temporanea tedesca poteva e può circolare in Italia sia scarico che carico. Da quanto sopra riportato emerge che alcuna violazione di legge è stata fatta dalla società ricorrente con il trasporto del ecc. ecc.». Imprese esterovestite e cabotaggio Se poi uno con impresa lituana/italiana (cioè con impresa estero-vestita) viene sorpreso ad effettuare cabotaggio privo del documento previsto dalla norma (quando si contestava ancora l’art.46 L.298/74), la cosa da fare, anche in questo caso, è ricorrere al giudice di pace. Alcuni di questi -non grandi conoscitori delle norme in materia - potrebbero concedere una sospensiva, restituire il veicolo e fissare l’udienza magari a tre mesi dall’accaduto. Morale: a tre mesi di distanza non si presenta nessuno e, voilà, l’italo-lituano, che nel frattempo non ha pagato il becco di un quattrino, svanisce nel nulla. Se poi una grande fabbrica di automobili affida il trasporto dei propri veicoli, destinati, per esempio, alla vendita presso un autosalone, ad una impresa regolare, e questa, poi, affida a sua volta il trasporto ad una ditta che opera nel campo del soccorso stradale, ovviamente non iscritta all’Albo e quindi abusiva, ancora una volta basta affidarsi a qualche solerte giudice di pace che provvederà a sospendere il provvedimento di sequestro e restituire il tutto, autovetture comprese, all’abusivo di turno. Di fatto diviene tutto regolare anche la vendita delle auto, mentre dovrebbero essere confiscate e vendute all’asta con un ricavo per l’erario. Il top avviene quando si apre una ditta in un Paese dell’Est europeo immatricolando, e questo sarebbe curioso sapere come, sia in Italia che nel paese dell’Est Europa. Se si viene «beccati su strada» basta ricorrere davanti ai giudici di pace alcuni dei quali accolgono il ricorso, restituendo il veicolo e legittimando di fatto la doppia immatricolazione, istituendo cosi una forma: «di esportazione temporanea». Della serie, così possono fare tutti…. Sulle sentenze bizzarre dei giudici di pace si potrebbe scrivere non un romanzo ma una intera biblioteca. Trasporto di merce della ditta A su autocarro di proprietà della ditta B immatricolato per «uso proprio». Il titolare dell’impresa B è anche socio della ditta A, ma sono due persone giuridiche totalmente differenti. Sanzione prevista: art. 26 e sequestro della merce. Nessun problema! Si ricorre ad un giudice di pace che dispone la restituzione del veicolo con una motivazione (è accaduto, quindi è un buon precedente) che il fermo del veicolo comporterebbe l’impossibilità del ricorrente a provvedere al sostentamento dei propri familiari (motivazione magari assolutamente non indicata nel ricorso per il dissequestro). Da quando in qua il trasporto in conto proprio serve al sostentamento della famiglia visto che trattasi di attività puramente accessoria e strumentale rispetto ad una attività principale. Misteri ai quali solo fini cultori del diritto quali ovviamente noi non siamo, potrebbero rispondere.
Le due targhe
Una moda piuttosto recente è quella di dotarsi di due targhe: una italiana ed una, magari, polacca o rumena. Se si viene fermati in Italia e si viene contravvenzionati in base all’art. 100 comma 12 del Codice della Strada (la norma prevede la sanzione per circolazione con targa non propria del veicolo, ma appartenente ad un altro mezzo, nonché l’ipotesi della contraffazione della targa o mediante creazione di una targa per imitazione) non è difficile farsi dissequestrare il mezzo e far condannare l’Amministrazione al pagamento delle spese legali. L’importante è sostenere che si tratta di un veicolo temporaneamente esportato all’estero. Il ritardo nel recepimento di normative italiane da parte di alcuni Paesi neo comunitari permette, se fermati su strada, e magari sanzionati a livello pecuniario e con fermo amministrativo del mezzo per utilizzo di manodopera proveniente dalla Romania con contratto di appalto di manodopera, e nessun problema. Tale ritardo permette comunque di ricorrere ad un giudice di pace poco conoscitore delle problematiche. La magia esiste! Qualcuno si chiede: ci sono aziende fantasma che sono in regola quando si presentano e poi scompaiono insieme alla merce! Magia? Assolutamente no! Scelta di campo. Nel momento in cui la crisi diventa oppressiva e una volta acquisita la fiducia della ditta committente si sparisce insieme alla merce. Il gioco ovviamente deva valere, quindi parliamo di carchi appetibili e facilmente collocabili sul mercato nero. Di colpo spariscono camion, carichi e sede. Ovviamente, per completare l’opera, è necessario far finta di avere un’assicurazione per le marci trasportate, ovviamente falsa, e il gioco è completo. Al committente oltre al danno… anche la beffa!
Ma ci sono sempre i pallet
I pallet, meglio noti come bancali ed ora anche conosciuti, per la legge, come unità di movimentazione, sono, per tanti autotrasportatori, una fonte di costo enorme e di contenzioso perenne. Buona parte di merce varia viene, infatti, oggi «palettizzata» al fine di renderne più agevole la movimentazione sia a livello di magazzino sia per il trasporto vero e proprio. All’impresa di autotrasporto la merce viene caricata sul camion stivata sui pallet e, fino a non molto tempo, fa il trasportatore si faceva carico di riportare al committente i «pezzi di legno» gratis. Anzi (e purtroppo causa ignoranza ancora oggi in molti casi avviene) all’autotrasportatore che non provvedeva a riportare al committente i pallet in qualità e quantità almeno uguale a quelli utilizzati per l’andata a carico veniva addebitato il costo del riacquisto degli stessi. Vediamo come funziona la truffa di cui, nella maggior parte dei casi il vettore è vittima. Cosa succede allo scarico: 1ª ipotesi. Il destinatario riceve la merce e contesta la qualità dei pallet e non li rende al trasportatore. Il giudizio sulla qualità dei pallet è assolutamente soggettivo e quindi il destinatario si è indebitamente appropriato dei pallet a danno dell’autotrasportatore che non può più renderli. 2ª ipotesi. Il destinatario rende i pallet che il trasportatore provvede a consegnare al committente. Questa volta sarà lui a contestare la qualità dei pallet resi. In entrambi i casi il committente addebita i pallet al trasportatore al prezzo che vuole trattenendo i relativi importi dal pagamento delle fatture del vettore come vuole il vecchio articolo quinto che chi ha i soldi in mano ha vinto. 3ª ipotesi. Il destinatario riceve la merce ma non ha la disponibilità dei pallet da rendere e rilascia al trasportatore un buono pallet a scadenza e se entro tale data non provvede al ritiro i pallet questi vanno persi. Ovviamente il destinatario utilizza tutti mezzi in suo possesso per dissuadere il trasportatore dal ritirarli, facendogli fare ore di attesa, facendogli caricare a lui i pallet, facendoglieli prelevare da un ammasso di legna da smaltire etc. Ovviamente queste furbate per sottrarre i pallet, che in fondo altro non sono che pezzi di legno di pessima qualità poco buoni anche come combustibile per il camino, hanno un perché. In tutto il Paese stanno proliferando commercianti di pallet usati ubicati, per lo più, a ridosso delle zone industriali e dei magazzini della gdo, che sono come il miele per le api. Trattasi infatti in molti casi di veri e propri ricettatori che acquistano i pallet al costo di € 5/€ 5,50 cadauno senza fare troppe storie sulla qualità e soprattutto senza fare domande sulla provenienza e, soprattutto, regolarmente in nero. Se poi qualcuno provasse a chiedersi perché succede tutto questo forse gli verrebbe qualche dubbio e si chiederebbe, in soldoni, di cosa stiamo parlando. Si perché quelli che ci hanno fatto su due conti dicono che sono circa 120.000 al giorno i pallet usati che vengono transatti da questi «commercianti», stima assolutamente spannometrica visto che, come si diceva poc’anzi, è tutto in nero, ma che equivalgono circa a 600 milioni di euro all’anno. Indubbiamente una bella torta che può far gola a tanti. Insomma, con un accordo fatto per bene, l’azienda «ruba» i pallet al trasportatore con le contestazioni sulla qualità e se li va a vendere in nero, poi provvede a rivenderli, con fattura, sempre al povero «sfigato» di autotrasportatore che si arrabbia tantissimo, ma alla fine è costretto ad accettare, se vuole incassare i soldi del trasporto. L’azienda si è procurato un reddito esentasse. Il commerciante ha un ricarico molto basso, acquista in nero a 5 euro e rivende con fattura a 6 euro; forse saremo dei visionari ma certi metodi puzzano lontano un miglio di riciclaggio di denaro sporco.
Come uscire dal buco nero?
Chiedersi se questo settore riuscirà mai a venir fuori dal buco nero dove si è - o è stato, o entrambe le cose - cacciato è il minimo che coloro che fanno questo mestiere devono fare. Per parte nostra abbiamo voluto offrire un piccolo ma significativo contributo nella battaglia per la legalità, la sicurezza e soprattutto la difesa delle tante, tantissime imprese e imprenditori onesti che abbiamo avuto il piacere e l’onore di conoscere ed apprezzare. Questo vuole essere anche un omaggio a tutti loro per il coraggio dimostrare nel restare fedeli ad un’etica del lavoro che sembra appartenere ad altri tempi. La FIAP la sua scelta di campo l’ha fatta da tempo: noi stiamo a fianco di coloro che credono e operano affinché sicurezza e la legalità tornino ad essere valori condivisi da tutti.
Roberto Galanti - Coordinatore Nazionale FIAP