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Peron: «Serve un piano strategico sui trasporti»

Il Segretario Generale della FIAP interviene sulle sfide aperte nel settore dopo la crisi causata da guerra e pandemia: muoviamo il Paese, non sprechiamo il PNRR.

| Pubblicato in Organi di Informazione
Intervista Alessandro Peron La voce e il Tempo

Intervista a cura di Aldo NOVELLINI, per il settimanale "La Voce e il Tempo", 10 Aprile 2022.

"L’Italia quando deve reagire di fronte ad una situazione di emergenza storicamente ha saputo sempre trovare risorse e capacità indiscutibili. Quando però deve pianificare ed individuare una strategia a medio lungo termine escono i nostri limiti come Paese: mancanza di competenze nei ruoli chiave e scarso coraggio nell'intraprendere scelte che porteranno risultati nel lungo periodo. La guerra in Ucraina non fa altro che mettere ulteriormente a dura prova la nostra economia".

Con queste parole Alessandro Peron, segretario generale della Fiap (Federazione italiana autotrasportatori professionali) illustra il difficile contesto attuale, sottolineando come "in un mercato globale, dove tutte le economie sono connesse, il nostro Paese si deve rendere conto dei propri punti di forza e sfruttarli al massimo. Il Pnrr ci darà un ulteriore opportunità di rimanere al passo di altri paesi e non dobbiamo mancare. Dobbiamo pensare a politiche economiche e sociali di lungo periodo, coraggiose e con una visione di prospettiva. Ci aspetta un periodo molto complesso economicamente parlando e la politica deve saper stimolare imprenditori e manager a disegnare un futuro migliore".

In questo quadro come si colloca l'autotrasporto?

L’autotrasporto in Italia è lo specchio della nostra economia. Debole, frammentato e con tante regole ma che nessuno rispetta dando spazio alla concorrenza sleale. Siamo uno dei paesi in Europa che maggiormente importa ed esporta merci, siamo una piattaforma logistica naturale sul mediterraneo e ponte dall’Europa verso l’Africa, futuro continente del consumo. Ma nonostante ciò negli ultimi decenni non abbiamo mai disegnato un piano strategico sui trasporti e la logistica in Italia. Abbiamo investito in decine di porti e interporti senza una visione, non abbiamo voluto affrontare i veri problemi infrastrutturali e abbiamo avuto paura di investire in grandi opere come il ponte sullo Stretto o portare a termine la Tav. Se poi aggiungiamo la volontà di far proliferare piccole realtà aziendali molto spesso artigianali con lo scopo di mantenere prezzi bassi e un settore controllabile, tutto questo, di certo, non fa ben sperare per il futuro. Nei prossimi anni abbiamo una grande sfida anche nel nostro settore, ridurre il numero di imprese tramite l’aggregazione, aiutarle nel cambiamento di mentalità da imprese artigiane a imprese manageriali in grado di competere in un mercato globale e infine ma non ultimo tutelare le imprese virtuose a discapito di chi, come spesso accade in tempo di crisi, fa il furbetto.

Come è strutturato il vostro comparto in termini di dimensioni di impresa ed occupati?

Il nostro settore conta dei numeri molto importanti per l’economia del Paese: più di 100 miliardi di euro di fatturato, più di 1.2 milioni di lavoratori con un peso sul Pil che supera il 7 per cento che sale al 10 se aggiungiamo tutto l’indotto diretto. Questo dovrebbe far comprendere a tutti come sia strategico e importante il trasporto in Italia. In  fondo, praticamente tutti i beni e i prodotti che utilizziamo in qualsiasi momento della giornata sono stati trasportati in qualche modo da una nostra impresa. Il nostro è un comparto trasversale a tutti gli altri e la nostra maggior o minor efficienza rende più o meno competitivo il sistema Paese. Vorrei ricordare a tutti che abbiamo potuto vivere dignitosamente in piena pandemia durante i giorni del lockdown proprio grazie ai lavoratori del trasporto e della logistica che non si sono mai fermati e hanno consegnato a casa di ognuno di noi tutto quello che ci serviva.

Quanto sta incidendo sulla vostra attività il caro carburanti?

Il gasolio soprattutto per le imprese di autotrasporto conta circa il 30 per cento dei propri costi diretti e come si può ben comprendere ha avuto un impatto dirompente. Le imprese più strutturate sono riuscite a rigirare una parte degli aumenti ai propri clienti e invece le imprese meno strutturate hanno faticato o addirittura hanno dovuto assorbire gli aumenti con la conseguenza di evidenziare ancora di più i problemi di cui prima accennavo. Le imprese oltretutto che hanno investito su veicoli più “ecologici” sono state maggiormente penalizzate con aumento degli additivi per il gasolio o del metano liquido che hanno superato il 300 per cento. Siamo riusciti ad ottenere da parte del Governo qualche piccolo intervento ma sicuramente se la situazione non si normalizzerà a breve l’impatto potrebbe mettere a dura prova la continuità aziendale di molte imprese che potrebbero essere costrette alla chiusura.

Quale politica energetica dovrebbe seguire il nostro Paese?

Non voglio cadere nella brutta abitudine di essere tuttologi, ci sono professionisti con competenze che possono indicare in maniera precisa e senza preclusioni ideologiche in che direzione dobbiamo muoverci per una politica energetica seria e concreta. Oggi l’Italia non ha bisogno di slogan o di progetti a breve termine. Dobbiamo pensare al nostro Paese fra 30/ 50 anni e comprendere su quali tecnologie investire per garantire una vera sostenibilità energetica. Non credo in una soluzione unica ma in una serie di azioni che nel loro complesso devono portare ad una soluzione del problema.

Come valuta gli ultimi provvedimenti presi dal Governo?

Non è facile giudicare un provvedimento, sappiamo tutti che dobbiamo fare i conti con un bilancio dello Stato che ha i suoi vincoli e si trova dinanzi ad esigenze contingenti per far fronte a situazioni di emergenza come quella che stiamo vivendo. Nel nostro settore qualcosa è stato fatto, ma c’è ancora molto da fare perché i problemi non sono legati alla situazione attuale ma al non aver affrontato da anni le criticità. Sappiamo tutti che non conta il singolo provvedimento ma tutte le azioni, anche successive, che cercano di risolvere non l’effetto del problema (per esempio l’aumento dei costi energetici)  ma la causa per cui siamo arrivati a questo punto.

Per avviare una fiscalità ecologica, si parla di eliminare le agevolazioni fiscali, le famose tax expenditures, connesse ai combustibili fossili. Un passo che vede coinvolto l'autotrasporto, eppure una scelta che andrà fatta. Come la vede?

Eliminare le agevolazioni connesse ai combustibili fossili significa per il nostro settore eliminare la possibilità per circa 200mila veicoli Euro 5 ed Euro 6 di poter usufruire di un’accisa agevolata che va a influire nella tariffa di trasporto. Se si dovesse eliminare, al di là del malcontento del settore, si riverserebbe un maggior costo nel servizio di trasporto e di conseguenza nel prodotto finale.

Si andrebbe, paradossalmente, ad agevolare proprio le imprese che utilizzano veicoli vecchi che sono poco sicuri e molto inquinanti a discapito delle imprese più virtuose che hanno un parco veicolare nuovo, più sicuro e a basso impatto ambientale. Credo sinceramente che abbiamo una visione della sostenibilità ambientale miope e limitata.

In che senso?

Dobbiamo comprendere che l’impatto ambientale non si può valutare soltanto in base alla tipologia di carburante che si utilizza ma dovrebbe prendere in esame molti altri aspetti, come per esempio l’ottimizzazione dei flussi, l’utilizzo dell’intermodalità, la riduzione delle soste eccessive al carico e scarico. Occorre cioè un approccio rivolto ad una valutazione di insieme. Il 95 per cento dei veicoli sono a gasolio e attualmente non ci sono carburanti alternativi che nel breve periodo possano far migrare velocemente gli oltre 4 milioni di veicoli in Italia adibiti al trasporto merci. Però già da domani si potrebbe evitare che questi veicoli viaggino semivuoti, rimangano fermi in colonna a motore acceso, percorrano le stesse vie alla rincorsa della consegna del giorno dopo. Questa è vera sostenibilità.

Mobilità elettrica, il comparto dell'autotrasporto è pronto a misurarsi con questo cambiamento epocale?

I nostri imprenditori sono pronti e consapevoli di poter dare il loro contributo per l’ambiente. Ma per questo cambiamento ci vogliono infrastrutture, tecnologie e comprendere che ci sarà un impatto economico anche sul prodotto finale. Questo è importante dirlo chiaramente: la sostenibilità ambientale avrà un costo che dovremmo pagare tutti noi consumatori. La politica avrà un ruolo importante perché deve accompagnare questo cambiamento con tutte le misure necessarie sia in termini di investimenti pubblici che di sostegno agli  investimenti delle imprese.  In Italia la maggior parte della produzione energetica deriva da centrali alimentate da prodotti fossili e solo una piccola parte da fonti rinnovabili. Di conseguenza, come si diceva prima, da un lato si vuole disincentivare i carburanti di provenienza fossile e dall’altra si continuerà a far funzionare i nostri veicoli alimentati con energia elettrica sempre proveniente dal fossile. Credo che una sana riflessione andrebbe fatta, per essere maggiormente realisti sulla attuale situazione. 

L'integrazione tra logistica e trasporti è uno dei punti forti del Pnrr. Come vi state preparando a questa sfida?

Siamo a completa disposizione per confrontarci su questa importante sfida soprattutto visti gli ingenti somme che sono state riservate al nostro comparto. Attualmente però il ministero delle Infrastrutture e della Mobilità sostenibile si sta muovendo senza coinvolgere gli attori protagonisti di questa importante sfida. Mi auguro che si evitino le vecchie abitudini di utilizzare l’importante opportunità del Pnrr per “fare campagna elettorale” con investimenti a pioggia senza una strategia.  Il Pnrr è un potente stimolo per aiutare il nostro Paese a fare quegli investimenti e a realizzare quelle infrastrutture che per anni abbiamo sempre rinviato. Si tratta di una sfida che però va affrontata insieme: istituzioni ed imprese, facendo sistema. Altrimenti si rischia di perdere questa occasione irripetibile.

Come intende contribuire il vostro comparto alla complessiva crescita del Paese?

Il nostro comparto ha un ruolo fondamentale sulla competitività dell’economia italiana. Un settore del trasporto e della logistica, forte, competitivo e efficiente può essere un valore aggiunto importante per il nostro sistema produttivo. Ma sono le stesse industrie che devono avere un diverso rapporto con gli operatori del trasporto. Devono comprendere che essi sono dei partner fondamentali e una leva di marketing per offrire al cliente finale una esperienza di acquisto migliore. Lo ha insegnato bene uno degli operatori di e-commerce che tutti conosciamo benissimo e che utilizziamo molto spesso. Molto spesso i clienti scelgono di usufruire dei loro servizi non tanto per il miglior prezzo quanto piuttosto per una logistica e una consegna efficiente e veloce. Credo sia un esempio concreto di come il nostro settore può contribuire ed essere un valore aggiunto per la crescita della nostra economia.

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